ScopriMente, disturbi dell’apprendimento. Cosa sono e come riconoscerli

Per un nuovo appuntamento di “ScopriMente”, la nuova rubrica di psicologia a cura del direttore di Irpiniatimes, la dottoressa Anna Vecchione e della Psicologa e Psicoterapeuta Serena Guerriero, parleremo di “Disturbi dell’apprendimento”.

 

 

Dottoressa parliamo di disturbi di apprendimento. Quali sono e come vengono trattati

“L’espressione anglosassone «learning disabilities» è stata tradotta in italiano con il termine «disturbi di apprendimento». Tuttavia, molto spesso le ricerche che approfondiscono questo tema riportano dati raccolti da studenti con difficoltà di apprendimento definite in modo generico (ad esempio, insufficienze in alcune discipline) e non propriamente con una diagnosi clinica. Nel contesto italiano, per difficoltà pertanto si intende una prestazione da parte di uno studente inferiore ai livelli attesi per età o per scolarità, definita tale nel contesto scolastico attraverso la somministrazione, in genere collettiva, di prove standardizzate; quando si parla invece di disturbo di apprendimento si intende la verifica di una condizione attraverso un procedimento clinico che documenti la presenza di un deficit in grado di spiegare le problematiche dello studente. La legge 170/2010 riconosce e descrive i disturbi dell’apprendimento, sottolinea la necessità di diagnosi rapide, affidabili e percorsi di abilitazione efficaci, descrive le norme e i criteri precisi per identificare precocemente i DSA e dare supporto nella scuola e all’università alle persone con DSA. Con l’acronimo DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento) si intende, quindi, una categoria diagnostica, relativa ai Disturbi Evolutivi Specifici di Apprendimento che appartengono ai disturbi del neurosviluppo, che riguarda i disturbi delle abilità scolastiche. La principale caratteristica di questa categoria è proprio la “specificità”, ovvero il disturbo interessa uno specifico e circoscritto dominio di abilità indispensabile per l’apprendimento (lettura, scrittura, calcolo) lasciando intatto il funzionamento intellettivo generale. Ciò significa che per avere una diagnosi di DSA, il bambino non deve presentare deficit di intelligenza, problemi ambientali o psicologici, deficit sensoriali o neurologici. I disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) riguardano un gruppo di disabilità in cui si presentano significative difficoltà nell’acquisizione e utilizzazione della lettura, della scrittura e del calcolo”.

 

Quali sono i più diffusi?

“In base alla differente specificità del disturbo dell’apprendimento, i DSA sono stati classificati in diversi modi. Quelli più diffusi e ricorrenti sono:

Dislessia, disabilità specifica dell’apprendimento caratterizzata dalla difficoltà ad effettuare una lettura accurata e/o fluente. Il bambino, all’inizio del percorso di scolarizzazione, mostra difficoltà a riconoscere le lettere dell’alfabeto, a fissare la corrispondenza fra segni grafici e suoni e ad automatizzare tale processo di conversione. Tale difficoltà si ripercuote sull’apprendimento scolastico e sulle attività di vita quotidiana che richiedono la lettura di testi scritti.

Disortografia, è uno dei disturbi specifici dell’apprendimento che riguarda la componente costruttiva della scrittura, legata quindi agli aspetti linguistici, e consiste nella difficoltà di scrivere in modo corretto da un punto di vista ortografico. Il bambino disortografico presenta una difficoltà nell’applicare le regole di conversione dal suono alla parola scritta e quindi a riconoscere i suoni che compongono la parola, a individuare le regolarità o irregolarità ortografiche e a individuare il corretto ordine con cui questi elementi si compongono.

Disgrafia, si riferisce alla difficoltà di scrivere in modo fluido, veloce ed efficace. Il bambino disgrafico può presentare una cattiva impugnatura della penna o matita, poca capacità di utilizzare lo spazio nel foglio, difficoltà nel produrre forme geometriche e nella copia di immagini, alternanza tra macro e micrografia.

Discalculia, riguarda la difficoltà a comprendere ed operare con i numeri e la difficoltà automatizzare alcuni compiti numerici e di calcolo. Il bambino discalculico può presentare difficoltà nella cognizione numerica (meccanismi di quantificazione, seriazione, comparazione, capire il valore posizionale delle cifre, associazione numero quantità, eseguire calcoli a mente) nelle procedure esecutive (lettura, scrittura, messa in colonna dei numeri) e di calcolo (recuperare i risultati delle tabelline, recupero dei fatti numerici e algoritmo del calcolo scritto”.

Come viene eseguita la diagnosi?

“I Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) costituiscono una delle patologie più frequentemente inviate ai servizi del territorio. La prevalenza nella popolazione italiana è stimata tra l’2,5% ed il 3,5% (ISS, 2011). La rilevanza dell’argomento è dovuta oltre che alla sua alta prevalenza, anche alle conseguenze che questi disturbi determinano a livello individuale, traducendosi spesso in abbassamento del livello scolastico conseguito e conseguente riduzione della realizzazione delle proprie potenzialità sociali e lavorative. Nell’ultima versione del DSM-5 il disturbo specifico dell’apprendimento (DSA) figura tra i disturbi del neurosviluppo.
Per poter parlare di disturbo dell’apprendimento tali difficoltà devono presentarsi per almeno sei mesi. Quest’ultime impediscono al bambino di poter apprendere la materia di studio stessa per questo il rendimento scolastico non è soddisfacente. La diagnosi di disturbo dell’apprendimento viene di solito eseguita solo al termine del secondo anno di scuola primaria, anno in cui tale disordine diventa più evidente grazie all’esposizione della letto-scrittura. Solitamente sono le maestre, durante le attività scolastiche, ad avvertire le prime difficoltà e disagi nel bambino. E’ loro dovere quindi informare il genitore al più presto per fargli prendere contatto con lo specialista in grado di formulare una diagnosi. Solitamente il Neuropsichiatra Infantile o un’équipe multidisciplinare composta da Neuropsichiatra Infantile, Psicologo, Logopedista ed eventualmente altri professionisti sanitari abilitati alla certificazione, sulla base della quale il logopedista, psicomotricista ed eventualmente lo psicologo, opereranno da quel momento in poi. Ricordiamo che figure non sanitarie, quali pedagogisti, tutor degli apprendimenti, counselor, ecc., non possono fare diagnosi cliniche, pertanto nemmeno la certificazione: la diagnosi clinica in Italia è permessa solo a psicologi e medici.

Le ricerche hanno messo in luce che i Disturbi Specifici dell’Apprendimento si presentano associati a disturbi emotivi e comportamentali che, se sottovalutati, possono costituire un fattore di rischio per il futuro benessere psicologico dell’individuo. Innanzitutto, un primo problema si può presentare quando ancora non c’è la diagnosi: in questo caso infatti sia il bambino che la famiglia e la scuola, si ritrovano nella confusione di un basso rendimento scolastico senza capirne il motivo. In questa prima fase gli insegnanti si interrogano sull’impegno del bambino, sulle sue condizioni familiari, lamentano scarso impegno e disinteresse, talvolta problemi di comportamento in classe. Essi trovano anche difficoltà a spiegarsi perché il bambino che tra i pari sembra non avere particolari difficoltà, mostra poi rifiuto o problematiche quando gli si chiede di leggere e di scrivere. I genitori sono confusi e spesso oscillano fra comportamenti severi e punitivi con inviti all’impegno e lunghi periodi in cui attendono sperando che il tempo possa portare ad un miglioramento della situazione. All’inizio in genere tendono a dare ragione all’insegnante e si associano all’idea che la difficoltà del loro bambino dipenda dallo scarso impegno o da un’insufficiente dose di esercizio. In questa fase il bambino si sente incompreso sia in famiglia che a scuola e lui stesso comincia a dubitare delle proprie capacità. Questo può essere molto destabilizzante e provocare un abbassamento dell’autostima, disagio psicoaffettivo, un sentimento di inferiorità nonché senso di colpa, soprattutto se si sente giudicato pigro e svogliato. Le interpretazioni e le azioni degli adulti portano, in questi casi, ad un aggravarsi della situazione. Quando la diagnosi è stata effettuata, e se il disturbo non viene trattato adeguatamente, le manifestazioni psicologiche della sofferenza possono assumere varie forme, anche opposte tra loro: da un lato il bambino può presentare un comportamento ritirato, chiuso in se stesso, di evitamento del confronto; questo complesso di reazioni si possono definire di tipo depressivo o inibitorio. Nella modalità di reazione opposta invece si possono presentare sentimenti di rabbia che portano a comportamenti disturbanti, opposizione alle insegnanti e aggressività col personale scolastico e con i pari, cosa che può innescare un circolo vizioso all’interno della classe. Talvolta lo stesso bambino può presentare i due diversi tipi di comportamento in momenti diversi. Il rischio è quello di restare intrappolati in circoli viziosi, in cui fallimenti, lo scarso investimento sulle attività scolastiche e la demotivazione vanno a potenziarsi vicendevolmente. Considerando che è proprio durante i primi anni di scuola che i bambini si trovano ad affrontare il conflitto tra una positiva immagine di sé e i sentimenti di inferiorità, il modo in cui riusciranno a sviluppare sentimenti positivi che li porteranno a sentirsi efficaci avrà ripercussioni sulla loro vita. Nel DSM-5 si sottolineano inoltre le possibili “conseguenze funzionali negative lungo l’arco di vita che includono  alti livelli di stress psicologico e inferiore salute mentale generale l’abbandono scolastico e i co-occorrenti sintomi depressivi aumentano il rischio di esiti negativi in termini di salute mentale generale. Al contrario alti livelli di supporto emotivo e sociale predicono migliori risultati a livello di salute mentale”.

Diventa estremamente importante quindi che la scuola e la famiglia vadano ad agire tenendo conto sia del disturbo e del miglioramento del profitto scolastico, ma anche degli aspetti emotivi del bambino. In questo modo si possono ottimizzare i risultati e prevenire che il bambino sviluppi una bassa autostima, disturbi ansioso depressivi e una sottostima delle sue capacità. A volte, riuscire a stabilire dove comincia il disturbo o dove comincia la difficoltà non è facile. Porsi quindi il problema di differenziare in modo chiaro le due condizioni può essere opportuno e utile. In quest’ottica, per raggiungere l’obiettivo di distinguere le problematiche dello studente all’interno di una generica difficoltà o di un ritardo sul piano delle acquisizioni scolastiche da quelle determinate da un vero e proprio disturbo specifico di apprendimento, è necessario definire le caratteristiche distintive delle due condizioni. Si tratta cioè di identificare quali caratteristiche sono appartenenti a un profilo francamente deficitario, compromesso, o piuttosto a un semplice rallentamento nell’acquisizione di alcune competenze necessarie per apprendere a scuola. Dal punto di vista teorico, le due condizioni non dovrebbero essere sovrapponibili, proprio perché dovrebbero essere manifestazioni diverse di una condizione che crea dei problemi rispetto alle richieste scolastiche. Quindi, una volta identificate le caratteristiche che riconducono ai due differenti profili, dovrebbe essere relativamente facile distinguere se le prestazioni di quello studente sono tipiche di una difficoltà di apprendimento o di un disturbo”.

 

Quali sono le cause?

“Quando parliamo di DSA, parliamo di sviluppo atipico, di caratteristiche individuali e non di patologia. Una persona con DSA ha intelligenza e capacità cognitive adeguate alla sua età: può però apprendere con difficoltà e a ritmo più lento rispetto ai suoi coetanei perché fatica e disperde energie a causa delle sue caratteristiche individuali di apprendimento che la didattica in quel momento non asseconda. I Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) sono la causa principale di difficoltà scolastiche e di abbandono della scuola. In Italia, la diagnosi di questi disturbi è spesso insufficiente e le stime dicono che almeno due studenti con dislessia su tre non ricevono una diagnosi durante il percorso scolastico: le conseguenze negative del disturbo possono continuare anche in età adulta e influenzare le possibilità di successo all’università e nel mondo del lavoro. Riconoscere, diagnosticare, pianificare e usare interventi efficaci significa creare interventi personalizzati e adeguati alle caratteristiche individuali dello studente e al percorso di studi, che favoriscano e garantiscano l’apprendimento. L’obiettivo è rendere lo studente autonomo o il più autonomo possibile, con tutte le ricadute positive in termini di successo scolastico ma anche di autostima e gratificazione nella sfera lavorativa e personale. Per quanto riguarda le caratteristiche che dovrebbero permettere di identificare una condizione di disturbo, non ci sono dubbi sul fatto che esso derivi da una condizione innata. Vi sono infatti alcuni studi a sostegno dell’ipotesi che i disturbi specifici di apprendimento, anche se possono venire rilevati solo quando al bambino viene richiesto di leggere, scrivere o svolgere dei calcoli, abbiano delle caratteristiche neurofunzionali specifiche sin dalla nascita. Non vi è una risposta univoca rispetto a quali siano le cause dei DSA. Vi è accordo, però, rispetto al riconoscimento dell’origine neurobiologica del disturbo. La sua espressione, peraltro così eterogenea, è mediata e modulata da fattori ambientali. Tra le cause sono state principalmente indagati i fattori genetici e quelli acquisiti (sofferenza cerebrale precoce, lesioni di varia natura, ritardi maturativi, ecc.). L’esperienza clinica e i dati riportati da numerose ricerche suggeriscono che i disturbi specifici dell’apprendimento si presentano frequentemente associati a disturbi emotivi e comportamentali. La comorbilità fra i disturbi specifici dell’apprendimento e disturbi di tipo internalizzanti o esternalizzanti è tra il 25-50%. L’evoluzione è condizionata da vari fattori. Prima di tutto la gravità del disturbo specifico. In secondo luogo, le associazioni tra difficoltà di scrittura, lettura e calcolo. Poi, il livello cognitivo e metacognitivo. Altri fattori ancora riguardano: la presenza di un disturbo psichiatrico, il tipo di compromissioni neuropsicologiche, la precocità e adeguatezza degli interventi e le risposte ambientali”.

 

A quanti anni si manifestano?

“Già dall’ultimo anno di scuola materna è possibile individuare una vulnerabilità nell’acquisizione delle specifiche competenze dei bambini. Le difficoltà possono costituire importanti indici di rischio e possono riguardare:

  • Aspetti meta fonologici (es. denominazione di parole; scorretta identificazione dei suoni iniziali e finali delle parole; segmentazione – es. dividere in sillaba la parola – e fusione fonemica – es. unire le sillabe per formare una parola -).
  • Il linguaggio.
  • La motricità fine (es. impugnatura della penna, difficoltà nella manipolazione di piccoli oggetti, difficoltà nell’utilizzo delle forbici dei pennelli, ecc).
  • La coordinazione visivo-motoria (es. difficoltà nel disegno spontaneo e su copia, ricomposizione di puzzle, ecc.).

L’ingresso nella classe prima elementare è di solito cruciale per l’individuazione dei bambini che potrebbero sviluppare uno dei disturbi specifici dell’apprendimento. Sono spesso insegnanti e genitori a segnalare tali difficoltà. É necessario, nella fase diagnostica, indagare gli aspetti neuropsicologici e quelli emotivi (indicare fattori di vulnerabilità e fattori protettivi) ed impostare un intervento adeguato. Trascurare la relazione tra disagio psicologico e DSA risulta rischioso considerando il fatto che i DSA hanno un notevole impatto sia a livello individuale, sia a livello sociale. Diagnosi accurata e l’intervento precoce costituiscano fattore prognostico positivo sia sul piano scolastico, sociale e psicologico (comorbilità psichiatrica). Spetta al clinico operare un’accurata diagnosi differenziale e impostare un adeguato piano di trattamento”.

 

Come intervenire?

“Se si pensa che il proprio figlio possa avere un DSA o i suoi insegnanti segnalano una difficoltà specifica, è importante chiedere un confronto con quest’ultimi, per collaborare a scegliere e applicare le strategie di potenziamento più adatte. Se l’attività didattica di recupero e potenziamento non si rivelano efficaci, ci si può rivolgere al Servizio Sanitario Nazionale o privatamente, per una prima valutazione. Se lo specialista diagnostica un DSA, indicherà il percorso più adatto per il proprio figlio, per compensare il suo disturbo e agevolarlo nello studio e nell’apprendimento. La scuola che riceve una diagnosi di DSA scrive il Piano Didattico Personalizzato (PDP), dove indica le strategie e gli strumenti compensativi e dispensativi da usare per sostenere l’apprendimento. Gli interventi devono interessare sia il trattamento del disturbo specifico, attraverso operatori specializzati e programmi mirati, che l’organizzazione emotivo-relazionale. Questi ragazzi mostrano una grande sofferenza psicologica legata ai vissuti delle loro carenze. Tali vissuti possono incidere pesantemente sull’autostima e la motivazione ad apprendere. Spesso accade che il loro funzionamento sociale all’interno del gruppo classe risulta più problematico. Il sentirsi incompetenti nell’apprendere può comportare un sentimento di inferiorità nelle interazioni tra pari, che man mano diventano sempre più sporadiche. Inoltre, il percorso scolastico di questi soggetti è frequentemente segnato da ripetuti insuccessi. Gli insegnanti e i genitori possono attribuire questi esiti ad una mancanza di impegno, colpevolizzandoli come oppositivi, pigri, non interessati. Dal canto suo se il ragazzo percepisce che le sue difficoltà non gli vengono riconosciute, per proteggersi evita i compiti e/o mette in atto comportamenti disturbanti. La conseguenza di ciò è la degenerazione delle relazioni con gli adulti. In questa situazione possono attivarsi scambi disfunzionali. In cui l’attivazione di cicli viziosi rende più difficile capire la natura del deficit specifico. Comprendere i rapporti tra i disturbi dell’apprendimento e il disagio emotivo sottostante ai problemi comportamentali e adattativi è fondamentale per la gestione degli interventi”.