ScopriMente. Demofobia, la paura della folla. La fobia sociale post Covid


Per un nuovo appuntamento di “ScopriMente”, la rubrica di psicologia a cura del direttore di Irpiniatimes, la dott.ssa Anna Vecchione e della Psicologa e Psicoterapeuta dott.ssa Annalisa de Falco, parleremo di “Demofobia”, la paura della folla.
Dottoressa, la demofobia, timore ossessivo della folla, è una fobia che milioni di italiani hanno sviluppato dopo la pandemia. Ce lo conferma?
”Prima di trattare nello specifico la Demofobia, vorrei spiegare cosa sono le fobie. Esse sono alquanto diffuse tra la popolazione generale. Sono classificate, nel DSM-5, come disturbi d’ansia e comprendono: le fobie specifiche, il disturbo d’ansia sociale (definito anche fobia sociale) e l’agorafobia. In presenza dell’oggetto o della condizione che provoca la fobia, si attivano segnali psicosomatici come risposta all’ansia e, nel tentativo di ridurla, si generano meccanismi di difesa da parte del soggetto; ma il prezzo del controllo dell’ansia può dar vita alla nevrosi fobica. Diversi studi hanno evidenziato un’associazione tra aumento del rischio di fobia con uno specifico stile parentale, improntato all’iperprotezione o ad un atteggiamento rifiutante. Anche lapresenza di psicopatologia nei genitori, affetti da depressione e fobia sociale ed il comportamento umiliante e giudicante da parte di un fratello maggiore, ambiente familiare litigioso, morte prematura di un familiare o la separazione da una figura importante sembrano essere tra i fattori scatenanti per lo sviluppo di una fobia. Figure genitoriali particolarmente ansiose potrebbero comunicare ai figli la sensazione che il mondo esterno sia un luogo particolarmente pericoloso e, di conseguenza, potrebbero inibire lo sviluppo psico-fisico del figlio, tendente alla socializzazione, esponendolo maggiormente allo sviluppo di una fobia. Una particolare forma di fobia, che in questi ultimi due anni di pandemia si è maggiormente diffusa nella popolazione italiana, è la DEMOFOBIA, ossia la paura della folla. Si è potuto constatare che tale patologia si è sviluppata anche in soggetti che mai, prima del 2020, ne avevano sofferto. La casa viene vista come unico luogo sicuro, in cui i pericoli dell’esterno non possono entrare. La fobia di uscire viene definita la “sindrome della capanna o del prigioniero”. La demofobia rientra nel capitolo delle fobie sociali, insieme all’agorafobia (paura degli spazi aperti) e alla claustrofobia(paura degli spazi chiusi). In presenza di un assembramento, quale può essere un concerto, un evento sportivo, una manifestazione pubblica, il demofobico presenta i sintomi classici dell’attacco di panico: tachicardia, iperidrosi, tremori, agitazione, crisi di pianto, disperazione, dispnea, fuga urgente. La demofobia, portata agli eccessi, con ripetute crisi che si verificano uscendo di casa e svolgendo le normali azioni quotidiane, ad esempio, andando al supermercato per la spesa o al cinema con gli amici, rischia di limitare notevolmente la vita sociale del soggetto che ne soffre. Una delle cause che si ipotizza possa essere alla base della demofobia è la cosiddetta “memoria psicologica”; se, cioè, in un’occasione di assembramento, abbiamo sperimentato un attacco di panico, il cervello immagazzina l’esperienza vissuta e tende a riproporre la stessa sintomatologia in circostanze analoghe. Durante il lockdown siamo stati costretti a stare in casa per decreto sanitario; abbiamo evitato i contatti esterni; siamo usciti solo per necessità impellenti; ci hanno consigliato vivamente di non toccare le altre persone, di rispettare il distanziamento e di evitare le visite ai parenti o amici. Ora, però, che la situazione pandemica è decisamente mutata, anche grazie alla campagna vaccinale e ai comportamenti corretti adottati, diverse persone continuano ad attuare abitudini tese all’isolamento fisico che, talvolta, sfociano in una vera e propria demofobia. La paura della folla esprime il timore di contagiarsi o di contagiare a sua volta con senso di colpa e di vergogna immotivato che ne deriverebbe. La casa, quindi, continua ad essere vista come l’unico posto sicuro in cui chiudersi e sentirsi protetti rispetto all’esterno, visto come fonte di pericoli ed insidie”.
Per chi ha questo tipo di fobia, diventa molto più complicato riuscire ad andare al cinema, su un autobus, in un centro commerciale o ad un concerto. Come affrontare la paura di stare in mezzo al gente?
“La demofobia può presentarsi in forma moderata quando chi ne soffre tende ad evitare i luoghi affollati, ma li affronta in caso di necessità oppure può presentarsi in forma severa qualora la paura della folla è incoercibile ed assoluta. In tal caso la qualità della vita viene ad essere fortemente penalizzata. La demofobia può essere affrontata con un ciclo di sedute di psicoterapia cognitivo-comportamentale e con l’utilizzo di tecniche di esposizione graduale agli stimoli temuti. La persona è condotta progressivamente (sia in immaginazione che in vivo) agli stimoli che innescano la paura, fino ad arrivare ad esposizioni più dirette e a contatto con ciò che la paralizza e che, tendenzialmente, evita (nel caso del demofobico recarsi in luoghi affollati). L’approccio cognitivo-comportamentale induce le persone che soffrono di una fobia o di un disturbo d’ansia ad affrontare in modo diretto proprio la situazione temuta e con l’aiuto di uno psicoterapeuta esperto, questo approccio, secondo studi clinici controllati, risulta molto efficace nel trattamento delle fobie e dei disturbi d’ansia. Può essere utile associareesercizi di respirazione lenta e di rilassamento muscolare, che il paziente potrà utilizzare poco prima di esporsi agli stimoli ansiogeni. Per analizzare il soggetto nel suo complesso e la sua vita relazionale può essere utile anche un adeguato percorso di terapia psicodinamica, al fine di inquadrare le motivazioni alla base del sorgere della fobia. Alcuni pazienti tendono, però, a saltare le sedute terapeutiche perché considerate troppo giudicanti e tendenti alla critica. In tal caso il terapeuta dovrà affrontare con decisione la resistenza al trattamento, giacché essa può portare a conseguenze estremamente gravi, quali l’assenza da scuola o dal lavoro fino a vivere una condizione di sussidi sociali o pensione di invalidità. Nei casi più gravi di demofobia è indispensabile abbinare alla psicoterapia un trattamento farmacologico, sempre sotto stretto controllo medico”.
I sintomi sono i classici dell’attacco di panico, che nel demofobico può scatenarsi non solo in una piazza gremita, ma anche su un autobus sovraffollato con sensazione di tachicardia, sudorazione e mancanza d’aria. In relazione al Covid, questa fobia è associata anche alla paura di essere contagiati?
“Nel demofobico un attacco di panico si può manifestare in un piazza piena di gente, su un autobus affollato, in una discoteca. I sintomi sono: sensazione di morte imminente, fame d’aria, tachicardia, sudorazione, ecc. Ciò accade perché il nostro cervello erroneamente percepisce la situazione in atto come pericolosa per la nostra sopravvivenza e, di conseguenza, ci induce alla fuga mediante l’attivazione di sintomi psicofisici. Ma il timore di dover affrontare una crisi di panico può condurre, in estremo, alla fobia sociale, cioè ad evitare totalmente le occasioni di socialità. In questo caso la demofobia si trasforma in un disturbo molto invalidante. Da quando, poi,l’intera popolazione mondiale si è dovuta confrontare con l’emergenza Covid-19, il luogo affollato viene visto e vissuto come il pericolo più grande per la nostra salute ed integrità.Alcune persone da sempre evitano la folla per paura di ammalarsi. Uno dei più frequenti Disturbi Ossessivi, infatti, riguarda proprio il terrore delle malattie e la paura della contaminazione. Di conseguenza la folla, gli assembramenti, in questi soggetti, sono sempre evitati e temuti. Avere accanto una persona senza mascherina, in preda a colpi di tosse, viene visto come il nemico che contamina e mette in pericolo. Se abbiamo un familiare che soffre di questo disturbo d’ansia evitiamo qualsiasi rimprovero e minimizzazione nei suoi confronti circa le sue paure e difficoltà. Le persone che soffrono di demofobia, come di qualsiasi altro disturbo d’ansia, sono consapevoli dell’irrazionalità dei propri comportamenti e delle proprie reazioni emotive, ma non riescono a controllarle. Farglielo notare oppure colpevolizzarli, anche in modo indiretto, non li aiuta, anzi aggrava il loro stato di frustrazione”.
Contatti dott.ssa Annalisa de Falco – 333 766 9118.