Salute & Benessere. “I bambini e il linguaggio”, l’intervista al logopedista Capaldo


(di AnnaV) – Per un nuovo appuntamento di Salute & Benessere, abbiamo affrontato l’argomento “I bambini e il linguaggio”, con il logopedista Alessio Capaldo. Lo specialista avellinese, laureato in logopedia all’Università Federico II di Napoli nel 1998, lavora a Pompei, presso l’Istituto terapia fisica e Riabilitazione “Riabilitazione Pompeiana srl”.
La logopedia. Che cos’è e a cosa serve…
“La logopedia si occupa dei disturbi del linguaggio e della comunicazione, sia isolati, sia all’interno di quadri clinici più complessi come nel caso di ‘disabilità intellettive’ e malattie neurologiche congenite e acquisite (sindromi genetiche o paralisi infantile)”.
Parliamo del ruolo del logopedista…
“L’attività del logopedista è volta all’educazione ed alla rieducazione di tutte le patologie che provocano disturbi della voce e del linguaggio, disturbi di apprendimento, handicap comunicativi e patologie legate alla deglutizione”.
Perché si fa logopedia e in cosa consiste la seduta?
“Stimolare le competenze risultate carenti o deficitarie alla prima valutazione, nel disturbo del linguaggio espressivo (parole, frasi, lettura, scrittura) o ritardo semplice del linguaggio o ‘balbuzie’, disturbi dell’apprendimento o sordità e disturbo del linguaggio recettivo (comprensione o deficit della comprensione verbale o sordità centrale). Una seduta logopedica, di norma, dura dai 30 ai 50 minuti. Ciascun percorso è individuale e costruito appositamente sulle difficoltà del paziente che possono essere diverse tra loro. Ci si serve di libri illustrati, giochi (memory, tombole, costruzioni), tesserine e schede con immagini specifiche ma ogni logopedista propone le varie attività secondo il proprio metodo, professionalità e creatività”.
Quando un bambino ha bisogno di un logopedista? Quali sono i campanelli d’allarme per i genitori?
“Ogni bambino ha i suoi tempi, anche nel linguaggio. Spesso ci troviamo a fare paragoni tra il nostro bimbo e i fratellini, cuginetti, amici. E’ importante riconoscere ed intercettare, il prima possibile, eventuali problematiche in modo tale da poter intervenire nella maniera più efficace. La variabilità nel raggiungimento di queste tappe non indica necessariamente un problema, ma se rivedi il tuo bimbo in una di queste situazioni, è bene effettuare una valutazione specifica:
- a 6 mesi non produce alcun suono con la bocca, non ti guarda negli occhi, non sorride alle voci dell’adulto;
- a 12 mesi non risponde quando lo chiami, non usa nessun gesto per comunicare, non produce ‘lallazione’, non partecipa agli scambi comunicativi e ai tentativi di gioco con l’adulto;
- a 2 anni produce meno di 50 parole, non segue semplici istruzioni, ha poca intenzionalità comunicativa;
- a 3 anni non struttura frasi o discorsi semplici, il suo linguaggio è perlopiù incomprensibile per gli altri, non comprende le istruzioni più complesse;
- a 4 anni non fa domande o non le capisce, pronuncia male molte parole, non fa discorsi semplici o complessi per comunicare;
- a 5 anni non ha ancora una completa padronanza del linguaggio, pronuncia male alcuni suoni, ha ha un linguaggio povero”.
Esistono esercizi o atteggiamenti che possiamo adottare a casa per aiutare lo sviluppo del linguaggio?
“Denominare semplicemente le cose che il bambino vede, ripetere almeno tre volte il nome delle cose, creare più occasioni possibili di interazione e comunicazione”.
La logopedia è sempre risolutiva per il linguaggio di un bambino?
“La stimolazione logopedica è sempre utile, mai nociva. Spesso, il ritardo semplice del linguaggio si risolve in maniera spontanea, ma è importante riconoscere le difficoltà il più precocemente possibile in modo da evitare eventuali ripercussioni a lungo termine”.
Cosa fare in caso di regressione del linguaggio o comparsa improvvisa di balbuzie?
“Indirizzarsi verso centri multidisciplinari che possano seguire la famiglia e il bambino da vari punti di vista, con esperti logopedisti, psicologi e neuropsichiatri. Alcuni centri offrono percorsi particolari con attività di teatro, doppiaggio, o di radio, utili per acquisire maggiore ‘autostima’. Non vi sono pillole magiche per guarire, ma esistono varie strategie terapeutiche finalizzate ad attenuare i sintomi e a gestire al meglio il disturbo”.